IV) Dall'800 ad oggi
Dobbiamo poi giungere al periodo borbonico, proprio i tanto vilipesi Borboni, per vedere una importante opera di bonifica generalizzata con canali, ponti, strade di penetrazione verso interno e di ristrutturazione agraria, sia pure di prevalente impostazione feudale.
La rivoluzione francese e le conquiste napoleoniche, con Giuseppe Bonaparte e poi Gioacchino Murat vollero porre termine definitivamente al feudalesimo espropriando la Chiesa di gran parte dei suoi beni a beneficio dello Stato e dei cittadini.
Con la promulgazione della legge 2 agosto 1806 di re Giuseppe Bonaparte, si abolì la feudalità ma rimasero nelle mani degli ex baroni gran parte dei loro demani e ai contadini le vecchie prestazioni.
Due anni dopo, il Murat, con l'applicazione territoriale delle leggi eversive espropriava gli ex baroni delle loro ingenti proprietà acquisite a danno della Chiesa.
Dalle vendite che ne derivarono, trassero beneficio però soltanto i governanti francesi e pochi affaristi che avevano fatto da intermediari, mentre alla classe contadina andò ben poco.
Dunque, con la costituzione di grandi patrimoni fondiari privati, fu in realtà realizzato dalle leggi eversive, ciò che avevano sempre tentato di evitare i Benedettini.
Tale rimase la situazione fino a tempi recenti, pur essendo mutate notevolmente le condizioni socioeconomiche che hanno poi, dato origine alla graduale frammentazione delle proprietà.
Il primo decreto di classificazione che interessava una parte dei beni ricadenti nella Valle del Liri si ebbe nel 1885 con il R.D. n° 3455 dell'11-10-1885, che classificava in base all'articolo 4 della legge 639/1882 opere di bonificazione di 1^ categoria le opere che rientravano in apposito allegato.
Fin dal secolo scorso si avvertì chiaramente la necessità di assicurare regolarità e costanza nella distribuzione di acqua lungo tutta la valle del Liri per poter accrescere e variare adeguatamente la produzione agricola e zootecnica.
Proprio per rispondere a tale esigenza nel 1865 fu redatto dall'ing. Raffaele Padula, del Genio Civile di Napoli, il primo progetto di costituzione di un consorzio.
Si era prevista la realizzazione di un canale di irrigazione delle pianure da Arce a Cassino; con una derivazione d'acqua dalla cascata dell'Anitrella per un canale che conducesse le acque lungo il corso inferiore del fiume Liri fino al vallone detto "Le fontanelle" nei pressi di Cassino, per una zona interessata di 12-15.000 ha.
Il sistema di irrigazione prevedeva una distribuzione mediante "canaletti a martello, muniti di castello misuratore, affinché in ogni canaletto secondario entrasse precisamente quella quantità di acqua che è dovuta alla zona di terreno cui esso è destinato a servire".
Il suddetto progetto, nonostante l'interessamento del ministro dell'agricoltura, del Prefetto De Ferraris e della Commissione Provinciale di Terra di Lavoro, cui faceva capo allora il territorio, non ebbe mai seguito.
Vale però la pena riportare le osservazioni dell'ing. Padula sulle condizioni degli agricoltori della zona: " ... l'agricoltura in questi terreni è completamente bambina e primitiva! Salvo poche eccezioni, tutte le terre sono affidate alle cure di coloni miserissimi ed ignorantissimi. Non concime, non avvicendamenti e rotazioni agrarie, non foraggi artificiali. Dappertutto l'indigenza, lo stento, l'assenza di qualunque civiltà, di qualunque benessere materiale e morale.
Questo stato di cose non è conseguenza né di infingardaggine nei coloni, che invece sono laboriosissimi, né di ignoranza nei proprietari, che sono la maggior parte gente illuminata progressista.........Esso è prodotto dall'essere in queste, come in tutte le terre delle province meridionali, abbandonata la produzione nel vasto agro di Arce, Roccasecca, Palazzolo, Aquino, Piedimonte, quando l'estate non è piovosa (il che vale a dire quando la stagione segue il suo corso regolare) i coloni ed il proprietario veggono bruciate nel campo le loro biade, e perdono le fatiche e la spesa di un intero anno".
Dopo avere evidenziato il contrasto con le condizioni dei contadini della Lombardia e del Piemonte aggiunge:
"Qui il tugurio del coltivatore fa schifo anzi dolore, qui la più completa miseria; qui la donna cenciosa, scalza, degradata, abbrutita, è sottoposta al fardello come un animale da soma ! Il contadino, privo di un'ora di calma per poter coltivare il suo spirito, angustiato pel mancato prodotto della terra, pel debito che ha col padrone del campo, per l'incerto pane del domani...... ha tale un aumento di vertigine e di disperazione che getta una maledizione a tutta la società, a tutto il creato....... e diventa apata o malvagio!".
Si tratta di giudizi pesanti, ma non molto discosti dal vero, se solo quaranta anni fa la situazione era più o meno la stessa.
La figura dei consorzi di bonifica, in questo periodo storico e successivamente, anche a seguito delle leggi del 22 marzo 1900, del 7 maggio 1902, dell'8 maggio 1904, del 12 ottobre 1922, del 30 dicembre 1923 e del 20 maggio 1926, era orientata esclusivamente verso interventi idraulici ed igienici.
Solo più tardi, con il RD 13 febbraio 1933 n° 215 (la c.d. legge SERPIERI), si è avuto il rafforzamento del ruolo e della figura dei Consorzi di Bonifica che essendo investito della gestione del territorio, assunse una veste diversa e più moderna.
V) La costituzione del consorzio di bonifica "Valle del Liri"
Per trovare un nuovo progetto di bonifica nel nostro territorio, bisogna giungere al periodo fascista.
Attorno al 1938 un piano, illustrato dal dott. Agostino Toso ed elaborato dall'ing. Armando Ballerini per conto dello studio A. Torrisi di Genova, proponeva la costituzione del "Consorzio Terra di Lavoro" tra i proprietari dei terreni della pianura di Roccasecca e Castrocielo (zone ormai riconosciute al Lazio) per l'irrigazione della pianura stessa.
Il piano prevedeva oltre l'irrigazione di un comprensorio di circa 4.000 ha, era costituito essenzialmente da terreni seminativi e arbustivi ed in piccola parte (110 ha) definiti irrigui dal Catasto (ma che in realtà non erano tali, perché non vi era assolutamente acqua disponibile per l'esercizio di qualsiasi irrigazione), anche la produzione di forza motrice.
Nel chiedere la concessione di derivazione al Ministero dei LL.PP. si faceva particolare raccomandazione "all'attenzione delle Autorità e dei Gerarchi, rientrando in pieno nel programma del Duce per la più vasta e più completa utilizzazione delle acque pubbliche, ai fini della bonifica e dell'autarchia economica della Nazione".
Il progetto, pur inquadrandosi perfettamente nell'ambito della nuova legge sulla bonifica integrale, di cui al citato r.d. 13 febbraio 1933 n. 215, rimase anch'esso nel cassetto dei buoni propositi.
Bisogna giungere agli anni successivi al secondo conflitto mondiale per vedere le prime concrete realizzazioni in materia di bonifica, con la costituzione del CONSORZIO DI BONIFICA "VALLE DEL LIRI", avvenuta con DPR 5 luglio 1950 n° 1288.
La nascita del consorzio fu certamente un merito da attribuire a quegli uomini che seppero farsi promotori di una iniziativa che, come si è dimostrato successivamente, non rimase allo stato di intenzione o di semplice formalizzazione di una lodevole aspirazione.
Quegli uomini partendo com'era logico da poco, quasi niente, coinvolgendo gli imprenditori agricoli e quei volenterosi agricoltori abituati dai tragici avvenimenti a ricominciare dal niente, riuscirono ad aggregare le necessarie iniziative per dare corpo e vita, ad una struttura amministrativa che realizzò opere che in quel momento rappresentavano un'indilazionabile necessità e non solo per l'agricoltura.
Gran merito deve essere riconosciuto all'avvocato Emilio Di Giovanni alla cui iniziativa si deve la costituzione del consorzio.
L'avvocato Emilio Di Giovanni, infatti, ha retto la gestione dell'ente dalla costituzione e fino al 1962, con l'incarico di commissario governativo nominato con decreto ministeriale 10 agosto 1950 n° 1459.
Il primo amministratore del consorzio, pure operando tra quelle specifiche difficoltà che caratterizzano ogni nuova impresa sia per quanto riguarda l'approntamento degli strumenti, sia per quanto concerne l'individuazione dei problemi e le prime realizzazioni, seppe dare all'ente una impostazione precisa e definita.
L'attività di bonifica del consorzio, coetaneo di gran parte degli altri consorzi del Mezzogiorno, ebbe inizio quindi in un territorio che presentava una situazione idrogeologica ed ecologica dall'aspetto drammatico, conseguenza della dissennata distruzione causata dagli eventi, tristemente noti, della seconda guerra mondiale.
All'inizio la prospettiva del consorzio era di contribuire, attraverso il risanamento igienico ed ambientale del territorio, alla ripresa di un'importantissima attività, quale quell'agricola, poiché non era concepibile una visione di nuovo inserimento nella vita del Paese, senza una vitalità dell'agricoltura.
Basti osservare che il consorzio già all'atto della costituzione, mentre era in corso la definizione, da parte dell'allora Ministero Agricoltura e Foreste, il futuro perimetro del comprensorio consortile, aveva previsto, con un piano generale di bonifica, il riassetto idraulico e idraulico-scolante nelle zone di propria competenza.
L'ente ha iniziato ad operare, principalmente con i finanziamenti dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno, realizzando infrastrutture che hanno dotato il territorio di quei requisiti indispensabili al proprio sviluppo dopo la disastrosa parentesi bellica.
È questo il periodo in cui il consorzio ha realizzato i primi importanti interventi di risanamento igienico, idraulico e ambientale (assetto idraulico della piana di Cassino e Sant'Elia Fiumerapido, della piana di Facciano-Giunture), nonché previsto un vasto programma per dotare il territorio di impianti irrigui (Cassino-Sant'Elia Fiumerapido, Atina-Villa Latina-Picinisco, Aquino-Castrocielo-Piedimonte San Germano), di cui alcuni anche realizzati ed altri iniziati.
Altrettanto preziosa è stata l'opera della "consulta" che successivamente affiancò l'avvocato Emilio Di Giovanni nella gestione dell'ente.
Tale organismo, previsto in caso di gestione commissariale, fu costituito con DM 11865 del 14 novembre 1961.
La "consulta" esercita funzioni consultive nelle più importanti decisioni del commissario ed è un organo rappresentativo delle categorie dei consorziati.
Nella prima "consulta" furono nominati:
Dr Renato Bartolomucci
Prof Giuseppe Del Greco
Avv Roberto Fortuna
Avv Luigi Frezza
Avv Vincenzo Golini Petrarcone
Comm Rolando Pelosi
Geom Raffarele Varlese.
L'azione della suddetta "consulta", successivamente integrata dal dr Paolo Donati,
in rappresentanza della Cassa per il Mezzogiorno, per la profonda conoscenza delle zone e delle aziende, ha dato senza dubbio un nuovo impulso nella conduzione dell'ente ed un insostituibile contributo nella scelta delle più idonee soluzioni dei vari problemi della vita consorziale, mano a mano che si presentavano. [ relazione anni 1950-62]
Il merito di avere dato all'organizzazione consortile una impostazione di tipo diverso e decisamente più adeguata e capace di operare in una visione più completa e più direttamente inserita nella vita stessa dell'ente e delle aziende consorziate, lo si deve al dr Mario Mancini della direzione generale dell'ex Ministero dell'agricoltura e foreste, nominato con DM 13490 del 22 maggio 1962, commissario in sostituzione dell'avvocato Di Giovanni dimissionario per motivi di salute e che ha gestito l'ente dal 1962 e fino al 1976, affiancato dalla "consulta" nella medesima composizione di quella istituita sul finire della precedente gestione.
L'attività consortile ebbe inizio con un modesto nucleo per funzioni esclusivamente amministrativo-contabile, dato che la parte tecnica fu affidata con apposite convenzioni a studi professionali che curavano l'elaborazione dei progetti, la direzione dei lavori e la relativa contabilizzazione ed assistenza fino al collaudo.
Questa organizzazione svolse la sua attività esclusivamente nell'ambito della realizzazione delle principali opere pubbliche necessarie alle prime esigenze di sistemazione idraulica idrogeologica e stradale.
Con l'andar del tempo ed il progredire nelle realizzazioni la struttura del consorzio si dimostrò sempre meno adeguata ai crescenti problemi di sviluppo del comprensorio ed affiorarono, con sempre maggiore evidenza necessità di una diversa organizzazione e specializzazione, anche in rapporto alle possibilità dell'ente di essere inserito in più vasti programmi d'intervento.
Conseguentemente l'esiguo nucleo originario del personale consortile venne potenziato con diverse unità a vario livello di responsabilità (capi servizio, geometri, assistenti), acquisendo così una fisionomia ed una capacità operativa professionalmente più valida per la realizzazione dei programmi che l'ente si era proposto di realizzare.
Durante la gestione del dr Mario Mancini il consorzio si dotò del primo "regolamento organico del personale" e relativa "pianta organica" che prevedeva 20 posti di ruolo e 24 unità (qualifiche) a tempo indeterminato.
I programmi realizzati in questo periodo hanno portato a tangibili risultati, infatti, seguendo le indicazioni di massima del piano generale, opportunamente adatto ed adeguato, è stata realizzata una parte consistente degli interventi sia nel settore delle sistemazioni idrauliche e idraulico-montane, sia nella utilizzazione delle risorse idriche fluenti, interessanti sei grossi distretti irrigui: piana di Cassino-Sant'Elia Fiumerapido (fiume Rapido), piana di Atina-Villa Latina-Picinisco (torrente Mollarino), piana di Aquino-Piedionte San Germano-Castrocielo (sorgente Capod'Acqua), piana di Pontecorvo-Pignataro Interamna (sinistra Liri), piana di Pontecorvo-Esperia-San Giorgio a Liri (destra Liri), piana di Cassino-Cervaro-San Vittore del Lazio (destra Gari a pioggia).
È anche in questo periodo che il consorzio adottò il "piano di classifica" per il riparto delle spese a carico dei consorziati il quale prevedeva, tra l'altro, l'emissione anche del ruolo "irriguo" a partire dal 1973.
Dopo la gestione commissariale del dr Mario Mancini, per la prima volta nel dicembre del 1976 si tenne l'assemblea dei consorziati per eleggere il consiglio d'amministrazione.
Il consiglio d'amministrazione eletto nella suddetta assemblea rimase in carica fino al 1981 e fu presieduto dal dr Giuseppe Aloisi Masella, al quale dopo circa un triennio succedette alla presidenza il signor De Luca Reginaldo che restò in carica fino al marzo 1981.
Il consiglio d'amministrazione era così composto:
1) Presidente signor Giuseppe Aloisi Masella
(fino al 1979 e dal 1979 al 1981 signor De Luca Reginaldo
2) Vice presidente signor Vincenzo Golini Petrarcone
3) Membro del comitato esecutivo signor Giuseppe Del Greco
4) Membro del comitato esecutivo signor De Luca Reginaldo
5) Membro del comitato esecutivo signor Tito Manlio Fortuna
6) Membro del comitato esecutivo signor Raffele Varlese
7) Membro del comitato esecutivo signor Federico Neri
8) Consigliere signor Antonio Bianchi
9) Consigliere signor Domenico Lancia
10) Consigliere signor Pietro Canale
11) Consigliere signor Tommaso Caporuscio
12) Consigliere signor Domenico Caira
13) Consigliere signor Giovanni Conti
14) Consigliere signor Antonio II Lanni
15) Consigliere signor Francesco Roselli
16) Consigliere signor Giuseppe Tedeschi
17) Consigliere signor Vittorio Monti
18) Consigliere signor Francesco Panzini
19) Consigliere signor Giovanni Russo
20) Consigliere signor Giuseppe Libero Venditti
21) Consigliere signor Mario Corsetti
22) Consigliere signor Agostino Margotta
23) Consigliere signor Biagio Visocchi
24) Consigliere signor Benedetto Evangelista
25) Consigliere signor C. Battista Palombo
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